Gb 9, 1
Come vivere questa Parola?
Giobbe ha ascoltato con pazienza tre suoi amici. Ognuno di loro aveva cose sagge da dirgli riguardo a Dio e a come interpretare tutto ciò che gli era accaduto.
Giobbe ascolta davvero e spiega cosa pensa lui di Dio, come ne vive la costante presenza. Ribadisce agli amici descrivendo l’unico atteggiamento che ha saputo formulare tra sé e sé e che ritiene giusto davanti a Dio: l’uomo è invocazione. Ci sono cose che si capiscono subito, altre che richiedono tempo, altre non si capiranno mai. Inutile, soprattutto per queste ultime, cercare o meglio inventarsi responsabili e colpevoli, quasi per convincersi che ciò potrà allievare il proprio dolore, colmare la mancanza. Inutile anche attribuirsi ogni responsabilità. L’unico movimento possibile e vitale è quello di invocare. Rimanere in dialogo con il mistero, interloquire con esso, tentando di penetrarlo, di renderlo più familiare. Anche il perdono più autentico non è dimenticare l’avvenuto. È ricordare senza rancore, mantenere una memoria sanata, trasformata dall’amore. L’invocazione porta a questo e i salmi ce lo insegnano. Ci dona occhi nuovi per vedere la nostra realtà e mette nel nostro cuore, sulle nostre labbra parole nuove per lodare, riconoscere, raccontare Dio agli altri.
Signore, fa’ che ci guidi oggi anche la preghiera di santa Teresa del Bambin Gesù: “Nel cuore della Chiesa, mia madre, io sarò l’amore”.